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venerdì 25 novembre 2011

La finanza etica rende come la finanza tradizionale, allora Eliminiamo (per giusta causa) i pirati che stanno generando la crisi attuale

 I criteri ESG consentono di ottenere rendimenti paragonabili alla finanza tradizionale

Nel corso degli anni sono state effettuate ricerche e indagini nel campo della finanza SRI, o ESG (environmental, social and governance) per capire se e in che misura l’utilizzo di criteri Esg abbia un impatto sul rendimento di un investimento, ma anche in termini di volatilità e di ottimizzazione del rapporto tra rischio e rendimento.
"La gran parte di questi studi - scrive sul blog SRivoluzione Andrea Di Turi - hanno sostanzialmente stabilito questo: la finanza etica o Esg, specie su orizzonti di medio-lungo termine, consente di ottenere rendimenti senz’altro paragonabili e talora anche superiori alla finanza tradizionale, permettendo inoltre di contenere il grado di rischio".
Secondo Di Turi è possibile giungere a conclusioni analoghe mettendo a confronto gli andamenti degli ormai numerosi indici di Borsa etici o sostenibili, come l’indice italiano Ftse Ecpi Italia Sri, con i loro indici benchmark tradizionali. "Sono inoltre stati effettuati studi, che definirei sbalorditivi - spiega poi Di Turi - secondo i quali anche in un arco temporale brevissimo, uno-due giorni, e in momenti di crollo dei mercati (come il giorno del crack di Lehman Brothers), la finanza Esg tiene botta meglio, cioè mette più al riparo da perdite e in particolare da perdite ingenti e repentine".
È stato avviato nel 2006 un vasto anzi vastissimo progetto di ricerca paneuropeo sulla finanza Sri che vede coinvolti ricercatori di numerosi atenei di tutto il vecchio continente con l'obiettivo di allontanare lo scetticismo che a volte circonda l'investimento responsabile. Il nome del progetto è Sirp (Sustainable Investment Research Platform), è coordinato dalla fondazione svedese Mistra (Foundation for Strategic Environmental Research) e ha un suo sito dedicato.


L'ad di Dexia: siamo sotto attacco dei pirati. Prima comprano Cds e poi tentano di far fallire gli Stati

Pierre Mariani, amministratore delegato della banca franco belga Dexia, non ci sta. E lancia un pesante "J'accuse". «Gli speculatori stanno usando metodi subdoli per cercare di forzare un default delle obbligazioni sovrane, una pratica che nel 17° secolo si chiamava pirateria». Mariani è stato costretto a chiedere nuovamente aiuti statali, proprio per fronteggiare le violente svalutazioni in portafoglio di titoli di Stato europei. In un seminario a Bruxelles si è scagliato contro gli speculatori che «prima acquistano assicurazioni contro il default di un Paese ma poi provano a farlo fallire innalzando il valore dei cds» (lucrando sulla differenza o intascando l'assicurazione in caso di fallimento).
«Un meccanismo che il Re di Inghilettera aveva bandito nel 17° secolo evitando di far assicurare carichi trasportati da navi, poi saccheggiate dai pirati, pagati per farle affondare».
Dexia resta in vita grazie agli aiuti finanziari. A ottobre Francia, Belgio e Lussemburgo hanno preso accordi per fornire alla banca fino a 90 miliardi di euro in garanzie statali.
Il piano non è stato ancora messo a punto. Nei giorni scorsi il governo belga ha indicato che la Francia dovrebbe offrire una mano aggiuntiva. Opzione che secondo alcuni analisti causerebbe automaticamente la perdita del rating Tripla A di cui, nonostante tutto, Parigi può ancora beneficiare.

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